Ecco le mie riflessioni su questo romanzo di Diego da Silva, che fu finalista al premio Strega 2007. È il primo in cui appare il suo personaggio più noto, l’avvocato Vincenzo Malinconico, napoletano come l’autore, decisamente “sfigato” e simpaticissimo. Ma partiamo da ciò che, almeno inizialmente non ho apprezzato, perché mi sembrava “stressante”. Parlo dello stile narrativo: un susseguirsi di interruzioni, metafore, immagini mentali e parentesi che interrompono il racconto e ti costringono a dire “e quindi?”.
Ecco le mie riflessioni su questo romanzo di Diego da Silva, che fu finalista al premio Strega 2007. È il primo in cui appare il suo personaggio più noto, l’avvocato Vincenzo Malinconico, napoletano come l’autore, decisamente “sfigato” e simpaticissimo. Ma partiamo da ciò che, almeno inizialmente non ho apprezzato, perché mi sembrava “stressante”. Parlo dello stile narrativo: un susseguirsi di interruzioni, metafore, immagini mentali e parentesi che interrompono il racconto e ti costringono a dire “e quindi?”. Divertente la scena dell’interrogatorio davanti al Gip.
E Malinconico? Malinconico è l’antieroe; è colui che “vince” quando smette di voler essere, non dico vincente, ma almeno vagamente dignitoso: in fondo le sue performance migliori gli derivano dal mancato controllo, dalla disinibizione di chi non ha più nulla da perdere, di chi si arrende a questo perenne senso di frustrazione derivante dal sentirsi inadeguato. È allora che da spiazzato da questa vita (in cui non aveva capito niente), spiazza a sua volta e costringe gli altri a uscire dai loro affezionati personaggi (vedi ex moglie e vari impiegati incontrati nelle sue vicende professionali). Divertente e profondo mi conferma una “verità” che incontro ogni giorno nel mio lavoro: “sentirsi adeguati: è questa l’aspirazione massima dell’uomo comune”.
Consigliato
Di Diego Da Silva
2007
Einaudi

