Bambini in oncologia

Nessuno prepara un genitore al calvario di un figlio.
Arrivano consigli, direttive ed indicazioni, nel tempo precedente la battaglia ma alcun essere umano può impedire alle fiamme di propagarsi.
Madri e padri che arrivano alla porta dell’inferno, l’hanno vista svettare dinanzi ai loro occhi. Spesso li ha lasciati fuori, vedendoli implorare che, all’interno della stanza, non si consumasse la fine.
Nessuno prepara l’anima al calvario di un figlio.

Bambini in reparto di oncologiaLe lacrime, d’acqua e sale, pesano e sembrano lavar via i lineamenti del volto.
Il dolore non lascia scampo al cuore, lo tiene in ostaggio per settimane, mesi e per anni. Accade che la sua impronta non venga rimossa neppure dal tempo, tanto profonda ed infima è stata.

Il calvario di un figlio cava dagli occhi la felicità, rubata e posta in un nascondiglio segreto. Porta a parlare con il cielo, anche se in passato non è mai avvenuto, conduce ai piedi di uno studio medico a chiedere “Faccia il possibile per lui”.
Aggrappati ad un camice bianco s’implora clemenza.
Non si chiede per se stessi.

E’ tutto per un figlio, in nome della sua infanzia, della sua vittoria.
Nessuno prepara una madre e un padre a ciò che lo sguardo osserverà. Il corpo del loro bambino quasi indistinguibile tra cavi, fili e monitor impazziti. La rete di un materasso fin troppo grande per il suo corpo, con bianco, bianco ovunque. Svanite le altre sfumature, tanto da credere che non esistano più.

Le creature nelle postazioni accanto. Accanto, gli stessi occhi arrossati di due genitori disorientati, ma vigili alle richieste del loro miracolo.
Nessuno prepara alla visione di camere affollate di paura e al suono di urla che squarciano le mura dell’ospedale, portando al crollo definitivo del cuore. Echeggiano a distanza di anni nei meandri della mente. Sembrano demolire la scatola cranica e soffocare il petto.

Parlare ad un figlio e non sentirlo rispondere.
Guardare un figlio e non ricevere i suoi occhi colmi di curiosità e luce, passivi a qualsiasi circostanza.
Monitorare i suoi respiri.

Vegliare un figlio al capezzale di un’incubatrice o di un letto, lasciando alle carezze il compito di raccontare l’amore.
Di guarire.
Nessuno prepara una madre e un padre al filo spinato del campo di battaglia. Oltre, tutta la loro vita. Nessuno quanto sa quanto amore, quei genitori, saranno in grado di dispensare.
Incommensurabile e quanto di più simile ad un miracolo.

Marina Cianfarini
(maggio 2020)

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