Storie di mammeQuando diventi nonna, diventi mamma due volte, con le stesse emozioni, la stessa gioia, lo stesso stupore. Vi racconto le mie emozioni di allora. Venivo da un periodo buio, avevo perso il lavoro e la prospettiva di trovarne un altro era un’illusione, visto che avevo superato i 50.

Me ne stavo sulle mie, con poca voglia di tirare avanti, niente mi emozionava. Mia figlia aveva oramai una vita sua, era adulta e credevo non avesse più bisogno di me. Mio marito lavorava e io ero spesso sola, con i miei pensieri, in un turbine chiamato depressione. Un giorno, lo ricordo bene, era primavera, venne a casa mia. Non era un fatto insolito, ovviamente, ma, io che ho sempre un grande feeling con lei, non feci caso a quel sorriso che le illuminava non solo gli occhi, ma tutto il viso.

Parlammo del più e del meno, mi addentrai in un discorso complicato a proposito di non so che, con lei che assolutamente non mi ascoltava e lo vedevo. Ad un certo punto mi interrompe, mette la sua mano sul mio braccio e mi guarda negli occhi e dice solo “Mamma…” . E’ stata come un’esplosione, un resettaggio di tutti pensieri, le parole che in quel momento avevo buttato fuori. “Sei… sei… incinta!”. Non gliel’ho chiesto, avevo finalmente capito!


L’ho abbracciata piangendo, in un’emozione troppo grande per essere spiegata. Finalmente ero uscita dalla mia depressione, di colpo. Nonna, sarei diventata nonna. Da quel giorno tutto è cambiato, nell’attesa spasmodica di quella nuova vita. Le raccontai la sua nascita, le descrissi – lo voleva sapere – il travaglio, i dolori, i suoi primi momenti, rivivendoli. E poi consigli, e tante, tante domande. E venne il giorno del parto. Mi chiamò, dicendo che andava all’ospedale e io corsi, perché ci volevo essere, assolutamente. Non mi  volle, in sala parto, perché sa quanto soffro quando lei soffre. Com’era giusto che fosse, c’era il papà della creatura con lei. Ogni tanto veniva fuori e diceva “tutto bene, ma c’è tempo. E’ bravissima!”.

E passavano le ore, fin quando, era oramai notte, ci disse “Andate a casa, pare che manchino ancora ore”. A casa? Sì, va bene… ma avrei voluto rimanere lì. Non ricordo bene il tragitto, per fortuna non guidavo io. E poi a letto, con gli occhi spalancati, sussurrando a mio marito “Ma chi ci riesce, a dormire?”. Fin quando il telefono che era in mezzo a noi non squillò “Mamma… è nato, stiamo bene!” ecco le uniche parole che volevo sentire. Alle sei eravamo già in piedi, e alle sette in clinica. Mia figlia era in corridoio, e venne verso di me. Ci abbracciammo e io piansi a dirotto nel sentire il suo “Grazie, mamma, per avermi dato tanto in questo periodo, per non avermi mai spaventata. Però… che male!”. E ridemmo insieme, mischiando le lacrime. Mi prese per mano e mi portò nella nursery “Mamma, ecco mio figlio”, disse.

Riprovai la stessa emozione di quand’era nata lei, mia figlia. Il legame tra madre e figlio nasce fin dalla gravidanza, ma si rinsalda ancora di più con la nascita. Era la stessa cosa, con quel frugoletto che mia figlia aveva messo al mondo.  Lo guardai, era bellissimo e perfetto. E lo amai all’istante, follemente, come non sapevo di poter amare. E’ nato in quel preciso momento un legame fortissimo, un colpo di fulmine, come se il cuore si fosse allargato, e allargato di molto, per far posto a tutto quell’amore nuovo.Ero nonna, un’orgogliosissima, incredibilmente felice nonna. Grazie, figlia mia.

Annamaria Pizzinato, wondernonna.it

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