Storie di mammeUn giorno di maggio di 14 anni fa è nata Martina, una bellissima bimba di 3300 g, già alla nascita fin troppo tranquilla. Così tranquilla che le dimissioni dall’ospedale le abbiamo avute circa un mese dopo per sospetta ipotonia grave. Noi, genitori alla prima esperienza, non ci siamo resi subito conto che qualche cosa non andava in lei.

Abbiamo cominciato a sospettare che avesse dei ritardi nello sviluppo solo alla nascita di nostra nipote, di due mesi più piccola, perché con il passare del tempo la differenza tra le due bimbe era molto evidente. Così è iniziato il nostro peregrinare in ospedali, ambulatori medici e fisioterapici.

Ricordo ancora quel 22 aprile 2004 all’ospedale Besta di Milano: Marty aveva 23 mesi ed era ricoverata per i suoi sospetti episodi epilettici. Nel frattempo arrivò l’esito del test genetico che stavamo attendendo. La dottoressa mi chiamò, entrammo in uno stanzino, prese la sedia da dietro la scrivania e si sedette proprio di fronte a me. Con lo sguardo basso mi disse: “Signora, dei tre test genetici che abbiamo fatto a sua figlia uno è risultato positivo…ed è, come sospettavamo, la sindrome più brutta… la SINDROME DI RETT”.

Il silenzio scese nella stanza. Io non sapevo molto di questa sindrome. Mi ero un po’ documentata ma non avevo voluto approfondire troppo, un po’ per scaramanzia, credo. Feci una sola domanda: “Potrà guarire?”. La dottoressa mi rispose con poche parole: “No, non guarirà mai. È una sindrome neurologico degenerativa purtroppo, non parlerà mai, non camminerà mai e l’aspettativa di vita è bassa.”

In quel momento il mondo mi è crollato addosso. E dopo qualche ora di lucida disperazione mi sono ritrovata come in una bolla a vivere una vita parallela a quella cui ero stata abituata fino a quel momento.

Dal giorno della diagnosi è iniziata per me la grande sfida contro la sindrome di Rett e negli anni io, Marty e la nostra famiglia abbiamo imparato più o meno ad accettarla, a conviverci e a lottare contro gli ostacoli che ogni giorno dobbiamo affrontare, uscendone ogni tanto perdenti, ma qualche volta anche vincitori!

I primi anni sono stati molto duri e sofferti…

Non sapendo bene l’evolversi della malattia, ogni giorno era un domandarsi di cosa avesse bisogno realmente Martina, quali fossero gli stimoli giusti per aiutarla a migliorare e se il percorso riabilitativo proposto fosse quello giusto, vista la rarità della malattia e la poca conoscenza in merito.

Fino all’anno e mezzo di vita, anche se molto lentamente, qualche piccolo progresso è riuscita a raggiungerlo: prendeva in mano un biscottino e se lo portava alla bocca, riusciva a tenere in mano i giochi senza lasciarli cadere subito, riusciva a puntava i piedini per tenersi su se sostenuta da qualcuno.

Ma tutto ciò è stato temporaneo, anche queste funzioni piano piano se ne sono andate e si sono fatte largo le stereotipie e gli attacchi epilettici. Sì, perché anche l’epilessia può essere uno dei sintomi, e inizialmente è stato un vero problema perché provocava a Martina crisi ripetute e molto forti, che le impedivano di svolgere le normali attività quotidiane, come frequentare la scuola e fare le terapie riabilitative. A queste crisi negli anni successivi si sono aggiunte scoliosi e stipsi, effetti collaterali derivanti dall’importante ipotonia che non ci ha mai abbandonate.

Ipotonia che ha impedito a Martina di gattonare e di camminare.

Oltre a intense terapie fisioterapiche e busti per cercare di sostenere e potenziare i suoi muscoli e di contrastare la curva scoliotica che avanzava sempre più, fin dalla scuola materna si è lavorato sul fronte della comunicazione.

Eh sì, Martina non parla e non ha un uso funzionale delle mani, dunque non indica gli oggetti.

La comunicazione è tuttora un grande scoglio. Fin da piccola ha sviluppato un suo sistema per farsi capire, che nel tempo si è modificato ed è evoluto. Certo non è il sistema standard che utilizziamo noi, ma è una comunicazione fatta di sguardi, suoni, piccoli movimenti con varie parti del corpo.

Martina, anche se sembra chiusa nel suo mondo … c’è … forse c’è fin troppo.

Anch’io ho avuto parecchi dubbi sulla sua capacità di comprendere quello che le accade attorno, ma stando con lei ho imparato a capire i suoi tempi di risposta e quali sono i momenti in cui sembra assente e invece è concentrata su ciò che accade al suo corpo.

A me basta un suo sguardo o un piccolissimo movimento per capire cosa vuole comunicarmi e questo è inspiegabile e meraviglioso, ma non basta: non sono e non devo essere solo io il suo mondo. Martina deve poter interagire con tutti quelli che la circondano per poter vivere lei e non vivere attraverso gli altri.

Si sa, più i bambini crescono e più perdono quella purezza e ingenuità che li contraddistingue, poi subentra la diffidenza e il concetto di “diverso”. Questo per dire che, crescendo, un'altra grande difficoltà che abbiamo dovuto affrontare è stato l’isolamento e l’emarginazione.

È un duro lavoro trovare attività che coinvolgano Marty e i suoi coetanei, ma io ci provo spesso, anche se con grande fatica sia mentale sia fisica.

Martina in montagna ha provato l’emozione di andare sullo slittino e al mare quello di andare in canoa. Ha partecipato a gite con la scuola visitando parchi, acquari e anche un campo avventura. Sempre monitorata da me o da figure di sostegno. Più di una volta l’ho osservata con bimbi della sua età che magari, dopo i primi minuti di conoscenza e di tentativi di interazione, non vedendo da parte sua delle risposte (o forse è giusto dire non riuscendo a capire le sue risposte) la lasciavano sola proseguendo senza più coinvolgerla nei loro giochi. Ecco questo fa male al cuore, soprattutto per una mamma che sa leggere negli occhi di una figlia senza voce.

Inoltre non è così scontato ad esempio che lei frequenti regolarmente la seconda media. Perché per frequentare con “qualità” una qualsiasi scuola o struttura il lavoro che si deve fare è enorme! Negli anni ho sempre coltivato i rapporti con insegnanti, educatrici e compagni, li ho accompagnati ed aiutati ad entrare nel mondo di Marty, li ho aiutati nella traduzione in simboli dei testi scolastici, insieme abbiamo cercato di superare le difficoltà e di trovare le soluzioni migliori per accompagnare Martina nel suo percorso educativo.

La vita con la sindrome di Rett ti fa piangere e disperare, ma ti fa anche emozionare e gioire delle piccole cose!

Non so forse questa è stata ed è tuttora la mia difesa, il mio modo per affrontare con forza ed energia questa situazione, ancora ora molte volte sembra che tutto quello che accade sia fuori e lontano da me e soffro soltanto nei brevi attimi di lucidità o se qualcuno a forza mi riporta alla realtà.

Io sicuramente non so cosa voglia dire crescere un figlio che piano piano acquista la sua indipendenza e la sua libertà, un figlio che gioca con i suoi amici, che viene cercato e invitato alle feste per il piacere di avere anche la sua compagnia, un figlio che fa con gioia ed entusiasmo lo sport che ha scelto, che sceglie ciò che vuole mangiare o come si vuole vestire, che si rifiuta di accettare le regole che gli imponi e che strilla e fa i capricci quando non vuole qualche cosa.

Io so la fatica che si fa a vivere due vite in una, a dover scegliere sempre anche per Martina e con il dubbio di aver fatto o no la scelta giusta. Conosco la preoccupazione per il suo stato di salute sempre precario, per la sua schiena che si incurva sempre di più. So cosa significa avere l’ansia di cercare un metodo di comunicazione adatto a lei e… la paura di un futuro senza di me.

Credo che lo sforzo maggiore che una mamma di una bimba disabile come Marty deve fare è “ingegnarsi” a trovare sempre un modo per far sì che l’impossibile diventi possibile anche nelle piccole cose.

Ora Martina è una ragazzina felice, ma soprattutto serena.

Certo ha la sindrome di Rett e i problemi che negli anni si sono presentati ci sono ancora e stanno mettendo a dura prova il suo corpo ed il lavoro da fare per mantenerla attiva ed in salute è enorme, ma ora, a differenza di 13 anni fa si è scoperto che la SINDROMEDI RETT è una malattia reversibile e la cura è proprio dietro l’angolo che aspetta di essere scoperta.

Luisella

Vuoi aiutare la ricerca sulla sindrome di Rett? Visita il sito dell’associazione ProRett, creata da genitori di bambine e ragazze con la sindrome di Rett.

http://www.prorett.org/

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