Io e mia madre, un rapporto strano, combattuto tra i suoi e miei difetti, nelle nostre incomprensioni, ma anche molto forte, soprattutto dopo la separazione da mio padre. Qualsiasi cosa fatta insieme, dalla spesa, alla cena a casa quando mio marito lavorava, gite fuori porta, insomma qualsiasi cosa era un pretesto per stare insieme (cosa che a volte mi mandava in bestia e mi faceva innervosire senza motivo).
Poi a Luglio 2013 arriva la notizia. Non sapevo come dirglielo. Anche se avevo un rapporto consolidato, mette sempre un po’ di ansia pensare alle reazioni dei nostri cari: “Mamma sono incinta”. Silenzio e sguardo incredulo: “Ma sei matta?!”. Io mi arrabbio e piango e per l’ennesima volta me la prendo con lei pensando che sia cattiva e insensibile. Molte cose invece le capisci col tempo e soprattutto le cose “da mamma” si fanno più nitide dal momento nel quale lo diventi anche tu.
Dopo la prima reazione a caldo, vengono mesi nei quali iniziamo a fare insieme il corredino, lei emozionatissima (anche se non era molto aperta nell’esprimere i sentimenti io lo capivo). Arriva il giorno del parto e decido che venga dentro con me.
Faceva l’infermiera e le mancavano un casino gli anni nei quali ha lavorato al reparto immaturi della Maternità in Via D’Azeglio a Bologna.
Due giorni di induzione. Lei che non dormiva per stare con me in Maternità per tenermi la mano e darmi sostegno per le contrazioni che sembrava non dovessero finire mai.
Poi finalmente decidono di attaccare l’ossitocina. Io e lei nella sala travaglio, 5 ore infinite in cui non smette di incoraggiarmi e tenermi la mano.
Arriva il momento di partorire. La vedo sullo sfondo mentre spingo e lei che commossa piange e, una volta nata mia figlia, mi viene ad abbracciare.
Evelyn, la mia piccola stella, diventa la ragione di vita di mia madre. Tutto si svolge intorno a Evelyn, tutto viene fatto per lei e tutti i programmi sul futuro che facciamo sono solo per lei. Tutto procede benissimo, mia madre è felicissima, la vedo come se fosse iniziata per lei una nuova vita e io sono contentissima di averle regalato questa nuova gioia di vivere.
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Ma arriva un giorno a fine Novembre 2014
Un giorno che non si dimentica e da lì a seguire tutto non sarebbe stato più come prima e niente si potrà mai dimenticare. Mia madre si sentiva male da un po’: mal di stomaco, nausea. Ma non si decideva a fare una benedetta gastroscopia che avrebbe dovuto fare da tempo. Una sera le dico “basta andiamo al pronto soccorso”. Ok andiamo. Diagnosi di colecisti e terapia del dolore.
Un’altra settimana passa. I dolori non se ne vanno, si torna al P.S. Ma stavolta la tengono ricoverata in Gastroenterologia. Si susseguono le cattive notizie, quelle notizie lontane anni luce da te finché non ti piombano addosso come un macigno. Massa Tumorale.
Questo quello che ci ha detto la Dottoressa, a me e mia sorella, attonite e incredule. Metastasi Polmonari.
E tu da ignorante ti chiedi cosa voglia dirti la Dottoressa. Sai solo che è una cosa bruttissima, e che la tua vita sta cambiando per sempre.
Mia madre, 58 anni, infermiera, abbiamo deciso di non dirle niente, sono stati giorni di confusione. Dall’ospedale la mandano a casa in nota per un’operazione per asportare un rene. Lo shock è molto grande e la difficoltà è veramente tanta, su cosa dire a tua madre rispetto questa cosa, cosa è meglio fare, e nessuno ti è di grande aiuto in questo.
Si torna a casa. Alla fine ne parliamo un pomeriggio io e lei a casa sua, lei la vedo un po’ spenta ma decisa a combattere la malattia. Per l’operazione dobbiamo aspettare un mese. Intanto cerchiamo di essere positivi.
Io piango ogni sera, sono veramente impaurita. Mia mamma diventa strana in quelle settimane. Non è più lei. Penso che sia depressa, ma a un certo punto inizio a sospettare che ci sia qualcosa di più. Dormiva sempre, aveva problemi di instabilità a camminare, sembrava poco presente. Io corro come una disperata tra ospedali, medico di base e alla fine ottengo una visita neurologica urgente.
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Il 23 Dicembre 2014. TAC Neurologica
Un altro macigno, questa volta fa ancora più male: Metastasi Cerebrale.
La forza di guardare la Dottoressa che mi prende da parte e mi comunica l’esito della Tac, i miei occhi che si inondano di lacrime e la voglia di urlare e spaccare tutto. Ma mando giù, mando molto giù. Respiro. Torno da mia mamma e mia sorella e dico semplicemente che le faranno degli accertamenti al Bellaria.
Da quel giorno mia madre è stata sotto cortisone fino alla fine dei suoi giorni. Da quel giorno è stato molto chiaro che dietro l’angolo c’era la parola FINE. Nonostante questo mia mamma lucidissima, decidono a gennaio di fare l’intervento. Dopodiché ci mandano a casa aspettando di poter fare terapia. Ti guardi intorno e pensi: e adesso? Ti senti dentro una cosa che è molto più grande di te. Una volta a casa torniamo per la ristadiazione delle metastasi.
Ricovero, attesa esiti. La Dottoressa mi vuole parlare da sola: “Purtroppo non c’è niente da fare, questione di mesi, la sua mamma piano piano si addormenterà fino ad entrare in coma. Mi dispiace”
Un velo le lacrime nei miei occhi… poi la supplica: “Dottoressa io non posso togliere la speranza a mia madre, come faccio? Le dico che farà una pre terapia finché la ferita non è chiusa”. Ok si può fare.
Di nuovo lacrime lungo il corridoio di un ospedale, di nuovo la voglia di urlare. Ok. Basta. Mi asciugo le lacrime vado in bagno a darmi una rinfrescata. Mi stampo il mio sorriso migliore e mento a me stessa per essere più naturale ed entro nella stanza di mia madre mettendoci tutto l’entusiasmo che posso: “Mamma! Una buona notizia! Puoi fare una pre terapia a casa finché non si chiude la ferita!”. Lei mi sorride “Oh! Meno male!”.
Si torna a casa e io decido. Mi rimbomba nella testa quei “pochi mesi” pronunciato dalla Dottoressa in quello studio. Vado ad assistere mia mamma fin che sarà gestibile io non la mollo un attimo. Evelyn viene con me e mia mamma era felicissima anche se continuava a dire che dovevo rimanere a casa mia, ma so che è stato il più bel regalo che le ho fatto. L’ho capito col tempo. Già il tempo. Che grande valore che ha e quanto ne buttiamo. Sono stati i mesi più belli della mia vita paradossalmente. Ho conosciuto mia madre come non mai, una donna forte, coraggiosa e con due palle così.
3 mesi 24 ore su 24, passati in tante fasi. Dalle piaghe in bocca per le quali si lamentava tutta notte e io correvo alle 3/4/5 a fare gli sciacqui con il collutorio perché così aveva un po’ di sollievo, alla fase del pannolone molto combattuta in cui lei non voleva assolutamente. “Mamma me l’hai cambiato tu tante volte da piccola cosa vuoi che sia, sono tua figlia, cambio te, poi cambio Evelyn”. E si trovava la forza di farsi una bella risata. Mai un pianto in tre mesi, solo risate, affetto, Amore.
La sollevavo dal letto alla sedia a rotelle, e viceversa, o dalla sedia al water e dio sa quanti abbracci mi hai dato quando ti tiravo su e mi dicevi “la tua povera schiena” e io “ma va là se mi spezzo la schiena a 27 anni sono messa male” e di nuovo a ridere. Avevo la schiena a pezzi e anche il cuore, ma tutto era più forte di quel dolore che sentivo. La voglia di darti la speranza. Di lottare fino alla fine.
La dottoressa dell’Ant e le infermiere mi davano grande sostegno per tutto. Eri così orgogliosa che avevo imparato a fare le punture. lo dicevi con tutti e mi faceva sorridere tantissimo questa cosa. Poi lo sapevo ero preparata… alla discesa… alla tua sonnolenza che sarebbe sempre stata più forte.
E nella settimana dal 6 al 12 Aprile continuavi a dire “ma perché mi sento così stanca, dormirei sempre” e io “mamma riposati è la primavera non ti preoccupare, anche Evelyn dorme un sacco”. Mentivo, perché dentro di me sapevo bene che stava arrivando l’inverno!
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Dalla sera del 12 sei entrata in pre-coma.
Per due o tre giorni hai risposto a stimoli uditivi, e quanto mi innervosivo di chi veniva a piangere vicino a te o parlava di fianco dicendo che ormai eri alla fine. Io non sapevo se eri ancora presente o no e finché ti ho sentita respirare ti volevo tutelare a tutti i costi. Parlate in cucina non di fianco alla mamma!
Il 14 sono venuti gli angeli della Cooperativa a farti il bagno a letto e ti ho detto “mamma ti facciamo nuova!” tu hai socchiuso gli occhi e mi hai accennato un mezzo sorriso. L’ultimo sorriso che mi hai fatto e che ho stampato dentro gli occhi e nel cuore. Si sono susseguiti i giorni, le notti con acceso il tuo canale preferito Alice a tenerti compagnia.
Il 19 avevamo capito che ormai era questione di ore, vado a letto a mezzanotte volevo esserci fino alla fine. Alle 4 mi sono svegliata per farti la morfina come facevo ogni 4 ore ormai da 4 giorni.
Alle 4:15 mentre i nonni che erano rimasti dormivano ed eravamo sole io e te. Tu hai fatto il tuo ultimo respiro e te ne sei andata.
Non ho svegliato la nonna anche se ero sveglia da 15 minuti, so che tu non avresti voluto.
E adesso mamma la tua mancanza è immensa, ma sono felice di averti dato tutto quello che potevo senza riserve. E tutto questo mi ha insegnato che l’Amore è la cosa più importante che esista e il tempo ha un valore inestimabile e non va sprecato per nessuna ragione al mondo. Questa è solo una parte della storia di mia madre, ma è la parte che mi ha arricchito più di ogni altra cosa al mondo.
Ci sarai sempre. Ti amo mamma.
Tua figlia ALICE GHERARDI
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